1819: Un gruppo di facoltosi ed illustri cittadini maceratesi decide di dotare la città di un nuovo spazio destinato al gioco della palla al bracciale. Il 30 agosto firmano l’Obbligazione primordiale, la carta bollata con la quale si consorziano spinti dal “desiderio di arrecare un maggior lustro e decoro alla città di Macerata” e impegnano cento scudi ciascuno per la costruzione di uno sferisterio fuori dalle mura castellane. Da quel momento sono i, quasi, Cento Consorti.
1820: Il 24 febbraio i Consorti fanno richiesta al Comune dell’area su cui sorgerà l’arena Sferisterio e chiedono all’Amministrazione il concorso alla spesa per la somma di un carato. La tanto sospirata concessione arriva a maggio. Il Comune si impegna a cedere gratuitamente gli spazi comunali e ad accettare le richieste, la Segreteria di Stato concede la licenza di costruzione dello Sferisterio ed iniziano i lavori di demolizione di una parte delle mura castellane. Il 17 maggio vengono presentati ai soci quattro progetti. Scartati i disegni degli architetti Casella e Augustoni, restano in gara due progetti: quello del conte Spada per una spesa di 13.869 scudi e quello più economico di Salvatore Innocenzi, capomastro del Comune di Macerata, per una spesa di 10.869 scudi. Si chiede un parere all’Accademia di Belle Arti di Milano che sceglie senza troppa convinzione il progetto di Innocenzi ma consiglia anche un secondo parere. Si rivolgono, allora, all’Accademia Clementina di Bologna che si limita a suggerire di combinare i due disegni in un solo progetto. Il 18 settembre si dà mandato all’Innocenzi di riprendere i lavori di scavo delle fondamenta. Finalmente, il 2 ottobre alle ore 16.30 la cerimonia per l’apposizione della prima pietra dello Sferisterio e sull’atto si scrive: “…edificio destinato al gioco del pallone, eretto a somiglianza di antico anfiteatro, a lustro della patria con disegno e direzione di Salvatore Innocenzi Architetto Maceratese”. Innocenzi viene promosso “architetto” sul campo, i nomi degli illustri Cento Consorti, o quasi, seguono tutti in bell’ordine.
1821: Il 7 febbraio si appaltano i lavori dello Sferisterio per la realizzazione di una struttura che presenti il necessario muro di appoggio per il gioco del pallone, gradinate, due ordini di palchi e terrazza. Il cantiere è complesso, più volte si interpella l’Accademia Clementina di Bologna per un parere sulle modifiche, la spesa lievita, il progetto originario è stato compromesso, i lavori non procedono. Crescono dissapori e discussioni tra i Consorti, fino a richiedere un altro illustre parere alla Romana Accademia di San Luca, che dopo lungo tempo valuta il progetto come mediocre.
1822: Si decide per un cambio di passo: alla ricerca di un’idea nuova, i Consorti indicono un pubblico concorso internazionale.
1823: Tra le proposte si distingue il progetto del giovane architetto Ireneo Aleandri. È di San Severino Marche, ha studiato a Macerata ospite dello zio architetto Nicola Niccolaj, si è diplomato con il massimo dei voti all’Accademia di San Luca. Ha solo 28 anni quando il 24 novembre incontra il nuovo Gonfaloniere della città, il marchese Amico Ricci Petrocchini, e i Consorti sono entusiasti del progetto. Riceve l’incarico di realizzare lo Sferisterio di Macerata e finalmente i lavori riprendono. Intanto, i Consorti non sono ancora Cento e mancano diverse quote per coprire le ingenti spese di edificazione. Così l’avvocato Pantaleone Pantaleoni acquista le sedici quote mancanti.
1824 - 25: Negli anni seguenti il cantiere procede ma con continui intoppi e necessarie nuove spese.
1826: Ireneo Aleandri viene scelto da Gerolamo Buonaparte, fratello dell’imperatore, per la realizzazione di una dimora a Porto San Giorgio, la marina di Fermo. Non può sottrarsi ed accetta di buon grado. I Consorti maceratesi, preoccupati, decidono di affidare di nuovo la direzione dei lavori al pragmatico Salvatore Innocenzi però questa volta sotto la supervisione di Ireneo Aleandri, ideatore del progetto. I lavori procedono a rilento. Sorgono sempre nuove questioni e Aleandri di volta in volta viene chiamato a accettare suo malgrado soluzioni più economiche e a ridimensionare il maestoso progetto fino a eliminare le grandi statue dell’attico e i bassorilievi sui pilastri del portico.
1828: Aleandri fa stampare a Firenze una pubblicazione in cui descrive con dovizia di particolari il suo Sferisterio corredandolo di bei disegni di pianta, prospetti e sezioni. L’edificio nasce per il gioco del pallone ma deve essere adeguato anche per la caccia ai tori, la scherma e per ogni tipo di spettacolo. Scarta la forma semiellittica, proposta dai suoi colleghi in passato, perché avrebbe offerto una pessima visuale, prediligendo la forma mista, con la curvatura al centro davanti al grande muro d’appoggio e i corpi rettilinei delle testate laterali. Le imponenti colonne in ordine dorico sfilano una dietro l’altra lungo la grande curva scandendo lo spazio delle cinquanta campate, mentre le esili ringhiere disegnano i palchi destinati ai Cento Consorti. L’architetto descrive gli ingressi laterali con i portici destinati agli spettatori e la grande porta centrale per carri ed animali. Proprio per la molteplicità degli utilizzi l’architetto Aleandri immagina spazi polifunzionali: ristorante, bar, biglietteria, aree per i giocatori, per il corpo di guardia, scuderie e botteghe da affittare. Ai piani superiori disegna una gran sala per eventi al coperto e stanze per le adunanze dei Cento Consorti, per gli esercizi ginnici e per ogni tipo di intrattenimento. L’esterno è caratterizzato da due ordini sovrapposti di finti portici con nicchie, semplice ed elegante quanto maestoso come le antiche mura che cingevano il centro.