La passione per il gioco della palla ha origini remote. Nel mondo greco Omero è il primo a fornirne una descrizione in due passi dell’Odissea, nel mondo latino il gioco era conosciuto come Sphera italia, cioè palla italiana, praticato con il follicolum un piccolo pallone pieno d’aria si colpisce con il pugno protetto da una fasciatura che arriva fino all’avambraccio.
All’inizio del XIV secolo con la rinascita dell’interesse per il mondo classico, da cui il culto per l’esercizio fisico in uso presso i greci e i romani, nelle corti fastose delle Signorie italiane il gioco della palla viene spesso citato come il gioco classico degli italiani. Gli scritti di Girolamo Mercuriale De arte gymnastica (Venezia 1601) e il De familia di Leon Battista Alberti contribuiscono a diffondere la sua conoscenza.
Il gioco ha luogo in spazi all’aperto e in campi regolari, nelle piazze delle città, nei cortili di palazzo, in appoggio alle mura cittadine, in fondi di terra battuta o sull’erba. Il campo ha una forma rettangolare di grandi dimensioni, circa 100 mt. x 20 mt, con una linea mediana ottenuta tendendo un cordino che divideva l’area di gioco in due parti: battuta e ribattuta. Uno dei lati lunghi è costituito dal muro d’appoggio che generalmente è alto dai 14 ai 20 metri e deve essere sempre costruito sulla linea del meridiano, così che tutto il campo sia rivolto in modo che il sole non infastidisca i giocatori durante le azioni.
Le squadre sono formate generalmente da tre giocatori per parte: il battitore, la spalla e il terzino. Indossano una uniforme bianca con una casacca senza la manica destra, calzoni fino al ginocchio e una fusciacca rossa o azzurra in vita.
La palla viene colpita con un bracciale realizzato da un unico blocco di legno, un manicotto di sorbo formato da sette cerchi muniti di denti di corniolo a piramidi smussate. La sfera dopo la battuta e durante le fasi del gioco deve superare la linea mediana del campo altrimenti si perde il punto e questo viene contato così come avviene nel tennis, con quattro quindici.
Nel corso del tempo il gioco perde la sua matrice aristocratica e si trasforma lentamente in una competizione sportiva di stampo popolare.
A Macerata, prima della costruzione del monumentale Sferisterio, si ha notizia del gioco della palla al mercato nel 1457 presso la Porta Mercato nel 1543 e nel 1712 fuori dalla Porta. Si giocava anche alla Pallacorda nel 1718. Nel 1801 si sceglieva come sede del gioco l’area dietro le mura cittadine, nella Piazza Mercato.
Nel 1805 il Cardinale Rivarola fece demolire tutti i torrioni delle mura castellane, compresa la Porta Mercato, e con i materiali di risulta si decise di riempire gli avvallamenti del terreno per favorire il gioco del pallone.
Il 5 settembre 1829 si gioca la prima partita di pallone con il “cordino a terra”, giocata da atleti di Rimini tra cui Luigi Fazi e Giuseppe Salvi. Le partite verranno replicate nei giorni 7, 8, 14, 16 settembre.
Il 6 ottobre dello stesso anno si gioca con il “cordino in aria”, teso cioè all’altezza di quattro metri e che deve essere superato dal pallone. L’evento vede protagonisti i ginnasti della provincia di Roma e il tanto atteso campione treiese Carlo Didimi, già elogiato da Giacomo Leopardi nella canzone A un vincitor nel pallone.
Da questo momento le partite di pallone si replicano e sono frequenti, alla presenza di un gremito pubblico e di scommettitori.
Ma dalla seconda metà dell’Ottocento il gioco comincia a perdere in popolarità. Nei primi anni del Novecento il gioco del pallone viene sostituito dal nuovo sport del football, disciplina molto amata dai maceratesi che nel 1923 fonderanno l’Unione Sportiva Maceratese per rappresentare tutte le forze calcistiche della provincia.
il 27 settembre 1936 si organizza allo Sferisterio il campionato italiano di palla al bracciale a cui partecipano tutte le più importanti formazioni dell’Italia del centro-nord: la squadra di Treia si unisce a quella di Macerata in una sola formazione aggiudicandosi il secondo posto. Il campionato viene replicato anche nel 1937.
Poi il lungo stop causato dalla Guerra Mondiale interrompe i campionati e getta l’arena nell’abbandono più totale. I tornei riprendono nel 1952 e nel 1957 la squadra di Macerata vince il titolo italiano contro Faenza.
Il 1960 viene ricordato dai documenti storici come l’anno dell’ultima partita della palla al bracciale, in un’arena ormai rinnovata e dedita alla sua nuova vocazione operistica.